"Non sei mia, ti tolgo il cognome"

L'ha riconosciuta alla nascita pur sapendo che non era sua figlia, le ha dato il suo cognome ma soprattutto tanto amore: per Giulio Maira, Francesca è stata la "sua bambina" tutta la vita. Poi una mattina, quando la figlia aveva compiuto 38 anni, riavvolgendo la sua esistenza come una pellicola in celluloide di un vecchio filmino, ha chiamato un avvocato: "Non è mia figlia, ha un padre biologico. Non la voglio più". Di lì a qualche ora era legalmente avviato il disconoscimento di paternità. Il protagonista di questa paradossale vicenda è il direttore della Neurochirurgia del Policlinico Agostino Gemelli, Giulio Maira, 68 anni: dirigente medico responsabile della Struttura Complessa Neurochirurgica (Uoc), docente e neurochirurgo di fama internazionale, a disposizione del Vaticano e del Santo Padre. Ha avviato il disconoscimento della figlia, Francesca Federica Maira, nata l'11 settembre 1967, dopo averla allevata come sua.

Ora Francesca si trova in un limbo, non è più la figlia legittima di una coppia coniugata e a non essere neppure una figlia adottiva. Con conseguenze gravissime: l'avvio del disconoscimento potrebbe causare la cancellazione e la correzione dei certificati, anagrafici e non solo, attestanti la sua identità. Per cui ha presentato una denuncia querela, il 2 marzo scorso, e dal quel momento è iniziato il procedimento penale a carico di Giulio Maira per una pluralità di reati di falso in atto pubblico pendente alla procura di Roma.

Maira ha conosciuto la sua futura moglie quando la bimba aveva appena pochi mesi, ha deciso di sposarla e, pur sapendo di affermare il falso, ha riconosciuto e, sposandone la madre nel febbraio del '69 ha legittimato poi come figlia naturale la piccola, nata da un precedente rapporto della moglie. Non l'ha adottata: ha dichiarato ufficialmente che era figlia sua. E il "falso" è stato perpetrato negli anni: le certificazioni di Francesca, quella di tutta la vita, dal passaporto ai certificati anagrafici alle pubblicazioni, hanno attestato questa paternità. Poi Giulio Maira, dopo la separazione dalla moglie, ha deciso di far emergere la verità e di non essere più il padre di Francesca. Ha chiesto la prova del Dna e, avuta la ovvia conferma biologica, ha agito giudizialmente davanti al tribunale civile per far dichiarare la falsa paternità da lui stesso dichiarata allo Stato Civile 40 anni prima. E' forse il primo e unico caso in Italia che ha questa tipologia di falso. Spetta ora all'autorità giudiziaria penale che in questo momento è destinataria delle denuncia-querela di Francesca, la tutela del suo "diritto all'identità" completamente compromesso.

"Il caso è unico proprio perché l'autorità giudiziaria penale deve rimediare alla mancanza di strumenti normativi che consentano un'opposizione o un rimedio al falso riconoscimento perpetratoa suo tempo.È questa la differenza che rende appunto unica questa causa, il falso riconoscimento di un figlio appunto, che è un reato generatore di altri illeciti - spiega l'avvocato Alessandro Sammarco difensore di Francesca Maira che ha denunciato il padre per "tutti i falsi generati dal falso originario". - Non è legittimo, né altrimenti giustificabile, che una persona affermi prima il falso poi il vero travolgendo prima e dopo la vita di una o più persone senza incorrere in nessuna sanzione. Se è vero che all'epoca dei fatti non esisteva la prova del Dna, né era stata introdotta negli ordinamenti internazionali la concezione del diritto umano alla propria identità, nel corso degli anni sono state introdotte una serie di norme internazionali, come quella di New York ed è stato stabilito dalla giurisprudenza che "il diritto alla propria identità che non può subire nessuna limitazione e compressione e si realizza nel rispetto del principio di verità del riconoscimento"". Il professor Maira ha inoltre intenzione di cancellare anche i 40 anni di matrimonio concordatario con la madre di Francesca: ha chiesto ai Tribunali Ecclesiastici l'annullamento: ha già avuto l'ok nel primo e nel secondo round, ed è ora in attesa della conferma da parte della Sacra Rota.

La motivazione che si legge nel libello (l'atto di citazione, ndr) consegnato al Tribunale Ecclesiastico è la seguente: "Al momento del matrimonio, oltre 40 anni fa, era un giovane uomo insicuro". Giulio Maria nel '69 aveva 25 anni, era già laureato in medicina alla Cattolica con il massimo dei voti e si apprestava a dare il via alla sua futura, brillante carriera accademica.
27 aprile 2012 - Articolo scritto da Anna Maria Liguori
tratto da Repubblica.it

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