I cognomi più diffusi a Bergamo

I cognomi più diffusi a Bergamo sono due classici intramontabili: Rota e Locatelli. Poi, ben distante dai primi posti, arriva il signor Rossi. All'origine del successo dei più tipici cognomi bergamaschi c'è la Valle Imagna, una terra difficile, dilaniata dalle guerre tra guelfi e ghibellini, che dava poche possibilità ai suoi abitanti, se non quella di trasferirsi in terre più accoglienti.

I Rota e i Locatelli sono i discendenti degli abitanti di Rota Imagna e Locatello, emigrati nei secoli passati in tutta la Bergamasca e altre zone dell'Italia settentrionale. «Non è un caso che tra i cognomi tratti da toponimi non ce ne sia nessuno, ad esempio, derivato da Clusone, un paese ai tempi molto più ricco e meno soggetto all'emigrazione», spiega Umberto Zanetti, accademico dell'Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti di Bergamo ed esperto di lingua e cultura locale.
La necessità di dare un cognome nasce nel basso Medioevo, quando a causa della grande crescita demografica avvenuta in tutta Europa divenne sempre più complicato distinguere un individuo da un altro usando il solo nome personale. Di solito i cognomi derivano da nomi propri di persona, come Gervasoni da Gervasio o Martinelli da Martino, dalla toponomastica, da soprannomi, da mestieri o da caratteristiche fisiche, come Rossi dalla carnagione o forse anche dal colore dei capelli, il più frequente in Italia.

Al quarto posto dei cognomi più diffusi a Bergamo troviamo Capitanio, cioè il capitano, vale a dire chi comanda, fosse anche solo una squadra di operai. Poi vengono i Mazzoleni: «Anche stavolta troviamo la località Mazzoleni in un comune della Valle Imagna, Sant'Omobono, ma in questo caso potrebbe essere il cognome a dare il nome al luogo e non viceversa», precisa Umberto Zanetti. Alla base potrebbe esserci il nome proprio di origine germanica Mazo, poi latinizzato e modificato.

Incerta l'origine dei Carminati, settimo posto pari merito con Ferrari nella classifica anagrafica bergamasca. Si sa che parteggiarono per i ghibellini e che per questo furono cacciati dalle loro valli dal duca di Milano nel XV secolo. Il cognome, antichissimo, deriva probabilmente dal latino «carminator», per identificare un nucleo famigliare addetto alla lavorazione della lana. Più immediato identificare i Ferrari, molto diffusi in tutta l'Italia settentrionale, come i discendenti di un qualche fabbro ferraio. Cortinovis (da corte nuova) è uno dei tanti cognomi fissati sulla carta dai parroci, che, dopo il Concilio di Trento del 1564, ebbero l'obbligo di gestire un registro dei battesimi con nome e cognome per evitare matrimoni tra consanguinei. La desinenza in –is, la stessa di cognomi molto diffusi come Gregis, Maffeis, Noris, Pelis, è molto usata del latino burocratico tardomedievale.

Ci sono poi i cognomi allusivi: «Fumagalli, "affumica galli", Tiraboschi, "attira nei boschi", oppure Bevilacqua e Cantamessa», nota il professor Zanetti. Sono tante e affascinanti le storie dei cognomi, come quella che, nell'alta Val Brembana, lega i Milesi e i Semperboni, come racconta sempre Zanetti: «Quando, ancora in epoca romana, erano attive le miniere, i Milesi erano i "miles", cioè i soldati incaricati di mantenere l'ordine tra i condannati ai lavori forzati. I Semperboni erano gli schiavi che, essendosi sempre comportati bene, venivano liberati».
Tra i nomi legati alla toponomastica troviamo Ravasio, portato da 297 bergamaschi, derivante dall'antica radice «rav» che identifica un terreno franoso. «È la stessa origine che ha Torre de' Roveri, che non ha nulla a che vedere con gli alberi ma solo con le caratteristiche del suolo», specifica il professor Zanetti. Riva fa intuire la vicinanza a un fiume, mentre Agazzi (da «ad gagium»), in modo all'apparenza meno immediato, indica la prossimità ad una selva. Il gaggio era il bosco di proprietà del feudatario in cui era proibito entrare. Chissà che gli Agazzi di un tempo non cacciassero di frodo.

Al nono posto della «top ten» dell'anagrafe troviamo i Belotti, che possono vantare di avere avuto in passato un qualche antenato di particolare avvenenza: «La radice potrebbe essere quella latina di "bellus" (bello), con il tipico suffisso bergamasco in –ott, che non ha paragoni in italiano, non è un accrescitivo né propriamente un vezzeggiativo», è la spiegazione di Zanetti. Altre interpretazioni fanno derivare Belotti da Bellotto, un nome proprio usato nel Medioevo, che con ogni probabilità ha la stessa origine positiva e beneaugurale.
5 febbraio 2012 - Articolo tratto da EcodiBergamo.it

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