L'importanza di chiamarsi Brambilla

La chiave per aprire i cancelli del passato, per entrare nelle stanze della nostra storia e della memoria troppo spesso lasciate in disparte, per ritrovare le origini, i costumi, gli antichi mestieri, le usanze dimenticate e le parole cancellate dai vocabolari.

A fornirci questa chiave è Ottavio Lurati, docente di linguistica italiana all' Università di Basilea, con il suo volume «Nomi di luoghi e di famiglie. E i loro perché?... Lombardia, Svizzera italiana e Piemonte» (Pietro Macchione Editore, pp.274, euro 20).

«Un viaggio per vedere quanto ci dice il territorio che ci ospita - scrive Lurati - e, nel contempo, scoprire dei valori comunitari condivisi». I nomi di luoghi e paesi, la storia dei cognomi, la vita quotidiana di un' epoca lontana. Poi un tuffo nelle esistenze di agricoltori, di operai, di monaci, di artigiani, di carpentieri. I campi, i conventi, le botteghe, le piazze, le montagne e le culture diverse che nei secoli, giorno dopo giorno, si sono incontrate, amalgamate, sviluppate, cresciute.

Un lavoro rigoroso e scientifico quello del professore di Chiasso che ci offre la possibilità di rispondere a mille domande e di toglierci parecchi dubbi. Quei cognomi che sentiamo tutti i giorni, per esempio. Basta frenare per un istante la nostra fretta e interrogarci. Ma dove nascono? Da dove arrivano? Chi erano gli antenati che hanno cominciato a scrivere la nostra storia e il nostro presente?

Ci sono i Sacchi, soprannome di un mestiere che nei secoli si è fatto cognome: da guardiansacco, che era l'epiteto di chi andava a controllare nelle dogane oppure i Chiesa, cognome che nasce dalle famiglie che abitavano nei pressi della chiesa. E i Bernasconi? Coloro che sono insediati nella Berna, ossia nello stanziamento fortificato. Un cognome, ricorda il professore, che già nel IX secolo veniva portato con fierezza. Non dimentichiamoci i Garzanti (poi anche Garzelli). Un altro mestiere antico. Gente che lavorava la lana con il cardo. E i Lattuada? Si parte dagli artigiani che lavoravano il tufo che in diversi dialetti si pronunciava tuf o tuv . Da qui la tuvada , il luogo della cava che diventa tuada . E il passo è breve. E i Brambilla? Semplicissimo, le persone giunte da Brambaa, meglio, dalla Val Brembana. Già nel Quattrocento numerosi Brembilla (poi Brambilla) arriveranno come lavoratori agricoli nei dintorni di Milano. Così come i Rava o i Ravizza, cognome che compare in molti luoghi della Lombardia, che arrivarono da una delle località comunemente dette Rava a causa delle frane che avevano segnato la gente e il territorio o i Bertoli, nome di famiglia assai diffuso in tutta l' Italia settentrionale e nel Ticino, che in origine erano i Berth , dal tedesco Berath , che si traduce semplicemente in chiaro e limpido.

«Non solo curiosità - chiarisce il professor Lurati, che nel 2003 vinse il prestigioso Premio Galilei - ma anche una pista nuova per accostarci agli uomini e alle donne che quei nomi hanno dato e continuano a dare». Qualcuno ha definito il professor Lurati un Indiana Jones del linguaggio, un esploratore che si è tenuto sempre ben lontano dai luoghi comuni e dalle vie più facili. Cognomi, famiglie e luoghi. Como, per esempio, che deriva da Cumb, vale a dire un' ampia conca tra le colline. Baranzate di Bollate, Baranzaa ( baragia ) più semplicemente terra abbandonata, Lecco, Leukós , splendente, un richiamo al lago e alle sue luci. E si cammina per i sentieri della storia senza fermarsi.

Poi, magari, si inciampa nei Migliavacca che portano subito al mondo della campagna e ai Tettamanzi (e Tettamanti) ovvero gli incaricati della quotidiana mungitura. Un altro mondo. Un' altra storia. Andiamo oltre.

25 gennaio 2012 - Articolo di Tettamanti Franco
tratto da Corriere.it

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