Quanti problemi per un cognome!

Quanti problemi per un cognome!
Il poter scegliere il nome di famiglia della madre è una querelle di lunga data ma ora un parere del Consiglio di Stato ha aperto nuovi spiragli...

Il Consiglio di Stato, con un parere fornito il 17 marzo scorso, ha aperto un varco alla possibilità che al figlio legittimo possa essere apposto il cognome materno e non quello paterno. La questione non è nuova e periodicamente i giudici sono chiamati ad occuparsene, fino a ora con esisti negativi.
Questa la vicenda: due coniugi chiedono che il loro bimbo di pochi anni possa assumere il cognome della madre al posto di quello del padre. La domanda è motivata con la riconoscenza maturata nei confronti del nonno materno per l'apporto materiale e morale alla crescita del piccolo e con la volontà di evitare l'estinzione di quel ramo della famiglia. Il ministero dell'Interno, a cui l'istanza è rivolta, la rigetta, perché le motivazioni non sono sufficienti per conseguire un'eccezione al principio dell'immutabilità del cognome. Inoltre l'attribuzione del cognome materno creerebbe confusione e renderebbe difficile l'identificazione del bambino come figlio legittimo. I genitori presentano ricorso straordinario al presidente della Repubblica e il Consiglio di Stato è stato chiamato ad esprimere un parere.

Secondo i supremi giudici amministrativi, le ragioni con le quali il ministero ha rigettato la richiesta non sono fondate. I motivi per i quali è stata chiesta la modifica del nome sono degni di apprezzamento e, anzi, il desiderio di evitare che la famiglia della madre si estingua è una tipica ragione che comporta l'accoglimento della domanda, sia pur, generalmente, in presenza di altre condizioni (come il significato che quel cognome può rivestire per la comunità anche locale).
Quanto al rischio che il bambino appaia come figlio naturale, il Consiglio di Stato ha precisato che il mantenimento del cognome paterno non è da considerare come unico strumento di identificazione del figlio legittimo. Diversamente si finirebbe col dare rilievo alla sola ascendenza paterna del figlio e non a quella materna, violando il principio di pari dignità dei coniugi.
19 dicembre 2004 - Claudia Balzarini
Avvocato in Pavia

Articolo tratto da Famiglia Cristiana
nº 51 del 19/26 dicembre 2004

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