La coppia ha finalmente ottenuto una sentenza favorevole in quanto la Corte ha condannato l'Italia giudicando discriminatoria la situazione del nostro paese che impedisce alle madri di trasmettere il loro cognome ai figli legittimi.
La sentenza, che diventerà definitiva tra 3 mesi, sollecita il Parlamento italiano a "adottare riforme legislative o di altra natura" per rimediare alla violazione riscontrata.
I giudici europei sostengono cioè che "se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica, e non è necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani, l'inesistenza di una deroga a questa regola nel momento dell’iscrizione all'anagrafe di un nuovo nato è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne".
La Corte Europea sottolinea inoltre che la possibilità introdotta nel 2000 di aggiungere al cognome paterno quello materno non è sufficiente a garantire l'eguaglianza tra i coniugi.
Le autorità italiane dovranno quindi cambiare la legge o le pratiche interne per mettere fine alla violazione riscontrata.
Il costituzionalista Emanuele Rossi, docente alla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa sostiene però che "la sentenza della Corte di Strasburgo garantisce alla coppia solo un risarcimento ma non l'effettiva attribuzione del cognome materno al bambino".
Egli spiega che non c'è alcun vincolo giuridico per lo stato e che "il pronunciamento ha piuttosto un valore di tipo politico, un invito affinchè la legge venga adeguata a quanto sancito dalla Convenzione Europea dei Diritti per l'Uomo".