I cognomi dei ragusani

Ragusa - Non esiste paese al mondo che non abbia il piacere (e l'orgoglio) di mostrare un gonfalone con tanto di corona, torre, leone rampante e tutto il florilegio di simboli araldici. Servono a mostrare una antichità che de facto si traduce in importanza morale, etica, culturale, forzando un po' anche etnico-genetica.

Fanno eccezione, sarebbe inutile sottolinearlo, gli amici statunitensi, che nella migliore delle ipotesi possono mostrare la sedia dove sedette Lincoln o il tavolo sul quale venne firmata la Dichiarazione di Indipendenza dall'Inghilterra, databile al 1776. poveretti, sono talmente privi di Storia che ne debbono inventare di nuove e moderne oppure studiare a fondo quella europea (ma in qeusto, va detto, sono molto più bravi degli stessi europei).

La stessa cosa accade anche tra i singoli, nelle famiglie. Confessiamolo pure: a chi non mai passato per la testa di fare le necessarie (ed oggi facilissime, grazie al web) ricerche per scoprire che un nostro avo era il Conte che vinse la famosa battaglia, oppure il principe che tenne in scacco i turchi, o il braccio destro di Carlo Magno che abbatteva i nemici a colpi di mazza? Salvo poi scoprire che il nostro avo conosciuto di più antica memoria era il calzolaio del quartiere, a sua volta sconosciuto anche ai registri municipali e probabilmente figlio di NN.

Come che sia, la onomastica è materia che affascina sempre e da sempre tutti noi, e pazienza per chi non inizia nemmeno le sue ricerche dovendosi portare appresso un cognome che non lascia scampo in merito alla provenienza. In ogni caso, in molti hanno intrapreso la comunque affascinante ricerca delle radici della propria famiglia. è diffusa curiosità. Una curiosità che le famiglie patrizie possono soddisfare facilmente, basta guardare al sempre presente "albero genealogico" (che una nobildonna di Ibla continua a chiamare "albero ginecologico").

Per le famiglie "normali" non esistendo un albero genealogico bisogna ripercorrere all'indietro la storia della propria famiglia, cominciando con le memorie recenti, quelle dei nonni e dei bisnonni. "E' fondamentale raccogliere quanti più ricordi è possibile - ci spiega Francesco Barrera, storico di Pozzallo, autore di una monumentale opera di ricostruzione della storia di tutte le famiglie di Pozzallo dalla fine del 1600 ad oggi - sia quelli semplicemente verbali, riguardanti le vicende della famiglia, i nomi ed i cognomi dei nonni e dei trisavoli e sia, se esistono, anche i documenti della famiglia, come i testamenti, le carte relative ad acquisti di case, transazioni commerciali, atti di nascita, di battesimo e di matrimonio. Per andare più indietro nel è necessario "scavare" negli archivi comunali, e si arriva così ai primi dell'800, ma non sempre, e poi negli archivi parrocchiali. In questo modo è possibile ricostruire la storia della famiglia per circa dieci generazioni".

Carlo Blangiforti, linguista e storico della città di Mineo, che ha condotto una vasta e dettagliata analisi dell'evoluzione dei nomi propri dei siciliani, ci ha spiegato come risalire invece ai nomi propri dei nostri nonni. "Il 1630 è il punto di cesura nella storia dei nomi assegnati ai bambini siciliani - ci spiega Blangiforti - perché in quell'anno Papa Urbano obbligò le città grandi e piccole a scegliere un solo santo patrono, a fronte dei tre, quattro, o anche sei "patroni" come a Palermo, per fare un esempio. Dovendo scegliere un solo santo da venerare quale patrono, i siciliani dovettero scegliere il nome del neonato tra un ventaglio molto ridotto, almeno rispetto al recente passato. Prima di quel momento - dice Blangiforti - le donne siciliane avevano nomi oggi del tutto dimenticati, per esempio Diamante, Perla, Astilia, Domitilla, Sofonisba. Ma nel giro di un secolo scarso Maria diventò il più diffuso nome femminile in Sicilia con le varianti legate dalle caratteristiche delle Madonne venerate nei diversi paesi e città.

Per quanto attiene invece agli attuali nomi propri, Blangiforti sostiene che "è vero che sono andati rapidamente diffondendosi alcuni nomi non provenienti dalla nostra tradizione e legati al mondo anglosassone per via del cinema e della televisione, ma è pur vero che rimangono sempre la gran parte, circa il 75%, i nomi di origine religiosa. E in tutta la Sicilia, anche nella Provincia di Ragusa, i nomi propri maschili più diffusi sono tuttora, come nel resto del Paese, Giuseppe, Antonio e Giovanni, che è anche il nome proprio maschile più diffuso nel mondo. Con i recenti flussi migratori - spiega il linguista - sono arrivati anche nomi stranieri. Ho personalmente condotto uno studio presso la scuola Pascoli di Ragusa, a maggiore presenza di studenti figli di immigrati più o meno recenti e di diversa provenienza geografica. Su centodieci bambini, poco meno di un terzo, esattamente trentatre, hanno nomi stranieri, maghrebini e dell'Europa dell'Est. I ragazzi cinesi, che mantengono all'anagrafe i loro nomi originali ma a noi incomprensibili, usano quali pseudonimi i nomi dei loro coetanei indigeni."

Giorgio Veninata - uno dei più apprezzati storici locali - ci spiega invece l'affascinante tema dei cognomi, si intendono quelli siciliani ma con un particolare approfondimento a quelli ragusani, spiegando da dove proviene quel Tumino o Distefano, Cascone o Licitra, Occhipinti o Battaglia che sono non soltanto i cognomi - insieme ad altri - tipicamente ragusani, ma che lo sono da secoli, come dimostrano i documenti archivistici che ne riportano la loro presenza - per esempio negli atti notarili rogati in occasione di compravendite di terreni o animali, eredità e diritti - sin dalla prima metà del '500.

"Se è facile individuare e spiegare i cognomi cosiddetti "patronimici" - spiega Veninata - e si intendono i tanti Di Stefano, Di Martino, Di Lorenzo, Di Pasquale (ma anche Lissandrello, cioè figlio di Alessandro, reso irriconoscibile dopo le tante trasformazioni avvenute nei secoli) è altrettanto semplice individuare i cognomi derivati dai fatti e dagli elementi naturali come quelli collegati alla provenienza geografica: quindi i Leone, Lupis o Lupo, Giglio, Campo, Sbezzi (nel senso di spezie), Pluchino (nel senso di pulce) e Palumbo, Avola, Calabrese, Puglisi o Arezzo. Semplice anche risalire al significato dei nostri cognomi legati all'attività svolta dai componenti quella specifica famiglia, per esempio i Bocchieri (direttamente derivante dal francese "boucher", ossia macellaio), Ferrera o Ferrari, evidente il collegamento coll'arte del fabbro, Iacono, Lo Monaco, Parrino e Lo Presti (tutti legati alla sfera del sacerdozio), più difficile è stato individuare provenienza e significato dei nostri cognomi evidentemente arabi e sopratutto ebraici."

è verosimile che molti ragusani con cognomi diffusi e conosciuti quali Burrafato, Cabibbo, Amato, Azzara, Cassì, Cassisi, Ioppulo, Liuzzo, Sammito, Sciacca, Zacco e Xiumè, non sappiano di essere gli eredi di quegli israeliti che nel 1492, siglato l'editto dai cattolicissimi sovrani castigliani, divennero dalla sera alla mattina non più cittadini, per quanto "di serie B", ma sgraditi ospiti del Regno ai quali venne concesso solo qualche mese per scegliere: battezzarsi e quindi rimanere, o prendere il mare per raggiungere regni più tolleranti.

"Dalle nostre parti - sostiene Giorgio Veninata - furono pochissimi gli israeliti che presero la strada per Pozzallo. La grande maggioranza non volle abbandonare la terra dove vivevano e lavoravano da almeno un millennio."

Altro, e altrettanto interessante capitolo dell'onomastica locale, sono i soprannomi, meglio conosciuti da queste parti come le "'nciurie". Veninata sostiene che questa "smania" del cognome, del suo significato e della discendenza, è fatto recente, dei primi dell'800. "Fino a quel momento - ha detto Veninata, cioè la corruzione di Beninata, un tipico cognome augurale - non ci si faceva troppo caso. Nelle famiglie nobili il cognome si tramandava con lo stemma e nelle famiglie del popolo il cognome era molto spesso sostituito, certamente nella parlata e poi anche nei documenti, dalla 'nciuria. A Ragusa il caso più famoso di sostituzione del cognome col soprannome è Leggio. Questo era infatti un soprannome, di evidente significato, cioè leggero. Ed era la 'nciuria della famiglia Piluso, o anche Peluso. Un documento che ho trovato nell'archivio comunale - riferisce lo storico - databile alla metà del '600, è utile per togliere ogni eventuale dubbio, perché vi si legge molto chiaramente: Josephe Piluso, poi una barra a cancellare - ma senza riuscirci se non parzialmente - il cognome, evidentemente ritenuto poco elegante, e la scritta in bella evidenza "Leggio". Altro capitolo, che però è sempre bene evitare nelle discussioni sull'onomastica - almeno quelle ufficiali - è quello legato ai cognomi che inevitabilmente dimostrano come chi porti quel cognome sia figlio o nipote o pronipote di un "trovatello". Nulla di male, per carità, ma nemmeno elegante scriverne.

26 maggio 2011 - Articolo scritto da Saro Distefano tratto da RagusaNews.com
26 Maggio 2011

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