Uno degli argomenti che affascina quasi sempre una platea di
ascoltatori è quello relativo le origini della propria famiglia e,
conseguentemente, il cognome della stessa. In questa sede, non avendo
intenzione alcuna di rifare il verso a trattati di dialettologia e
linguistica, in maniera più semplice, mi limiterò a scrivere di cognomi e
soprannomi.
Il sistema di denominazione attualmente in uso e costituito da un nome
di famiglia (cognome) che si eredita di padre in figlio e da un nome che
contraddistingue gli individui che hanno lo stesso cognome. Questo
sistema ha le sue origini nel Basso Medioevo. La parola cognome dal
punto di vista etimologico deriva dal latino CUM NOMEN e significa "con
nome" ovvero "unito al nome". In origine, sostanzialmente, il cognome
era formato o derivato dal nome del padre, con il valore di "figlio di
...". Tra gli ultimi decenni del secolo XI ed il secolo XII iniziarono a
comparire sistemi di denominazione a più elementi. In questa fase il
sistema di denominazione ebbe un carattere transitorio e fu
caratterizzato dall’uso di sopran-nomi e perifrasi del tipo «che e detto
...», «che e chiamato» o «detto anche ...». I soprannomi si
trasformarono parte in cognomi, parte in nomi personali ed altri
scomparvero. Al periodo dei soprannomi seguì per tutto il XII e gli
inizi del XIII secolo una fase sperimentale. Nel contempo il sisterna di
denominazione a due elementi andava imponendosi sempre più.
L’assunzione del cognome di famiglia teneva conto di cinque
caratteristiche: 1) funzione nella società; 2) caratteristiche
individuali fisiche, morali, vizi o virtù (nomignoli); 3) menzione
topografica (in riferimento al feudo posseduto e in quello del luogo di
provenienza); 4) un secondo nome che completava il primo; 5) referente
familiare.
Non è facile stabilire quale sia la forma più antica di un cognome.
Nella maggioranza dei casi i primi cognomi adottati sembrano quelli
derivati da caratteristiche fisiche o morali, originati direttamente da
un soprannome individuale; quelli legati ad un referente familiare
(nella maggior parte dei casi il nome del padre o dell’antenato illustre
al quale erano dovute le fortune della famiglia) e, infine, le menzioni
topografiche. Gli ultimi cognomi a essere adottati furono quelli
ricavati dai nomi dei mestieri o professioni.
Nel XV secolo l’uso del cognome si stabilizzò. In questo periodo il
cognome veniva posto dopo la particella "de", "del", "dei", "degli",
"dello". Successivamente, nel corso dei secoli XVII-XVIII, molti cognomi
si trasformarono con la caduta della particella indicativa.
É importante precisare che molti cognomi sorsero in maniera "autogena"
nel luogo di residenza della stessa famiglia; questo permette di
precisare come l’omonimia di cognome non significa che tutti i
possessori di quel cognome discendono dal medesimo (capo)stipite. Un
ruolo fondamentale per l’assunzione e la stabilizzazione del cognome fu
giocato dai notai. Essi fissarono nei documenti il nuovo sistema di
denominazione ed ufficializzarono quei soprannomi che nella vita
quotidiana cambiavano più volte.
La consultazione dei Registri dei Battesimi (iniziano dal 1487),
conservati nell’Archivio Diocesano di Molfetta, insieme a quella dei
2.557 protocolli notarili che compongono il Fondo dei notai della Piazza
di Molfetta, conservato nella Sezione di Archivio di Stato di Trani, mi
ha consentito di raccogliere circa trentaquattromila informazioni
(computerizzate, ordinate in un database e digitalizzate in formato PDF)
aventi per oggetto le famiglie molfettesi. I dati riguardano oltre
12.000 battesimi e 21.850 atti notarili (14.600 contratti di matrimonio e
7.250 testamenti).
Di seguito riporto, in ordine alfabetico, un elenco di cognomi
molfettesi, selezionati su un totale di circa 1900. Di alcuni
restituisco il cognome originario, la città di provenien-za e la data di
più remota registrazione (non sempre coincidente con l’arrivo in
città).
Abbattista (1561), Addamiano di Gravina (1795), Adesso (1654),
Adesso di Ruvo (1724), Albanese (1618), Alboré di Barletta (1773),
Alessandrini di Teramo (1885), Alle-gretta (1519), Altamura (1561),
Altamura di Bitetto (1591), Altamura di Terlizzi (1593), Altizio di
Giovinazzo (1667), Amato di Ruvo (1628), Amato di Trani (1535), Andriano
di Camerino (1687), Andriano di Giovinazzo (1733), Angione (1706),
Annese (1688), Antico alias Saccuzio (1568), Armenio (1561), Attanasio
di Francavilla (1806), Augenti di Bitonto (1626), Aurora (1482), Ayroldi
di Ostuni (1755), Azzarita di Barletta (1742), Azzariti di Scanno
(1785), Azzollino di Melpignano (1595), Azzollino di Valenzano (1595),
Balacco (1647), Balducci di Corato (1717), Belgiovane di Casamassima
(1717), Belgiovine seu Bellojovine (1509), Bellapianta alias de lo Piano
dicto Tuczo (1523), Bellifemine (1523), Binetti (1630), Bovenga di
Polignano (1561), Brattoli (1685), Brudaglio di Andria (1850), Brunetti
di Altamura (1708), Brunetti di Gravina (1795), Brunetti di Monopoli
(1786), Brunetti di Noja [= Casamassima] o di Mola (1743), Brunetti di
Trani (1627), Bufo alias de Jacobello (1523), Caccabo di Modugno (1711),
Caccavo (1509), Cale alias Caloya (1390), Campanale (1683), Camporeale
alias de lo Pinate (1552), Camporeale di Giovinazzo (1739), Candida di
Bisceglie (1630), Cantatore di Cerignola (1887), Cantatore di Ruvo
(1723), Capocchiano di Cerchiara di Calabria (1733), Capotorti di
Bisceglie (1802), Capotorto di Rutigliano (1764), Cappelluti (1622),
Caputo di Mola (1688), Caputo di Napoli (1624), Capurso di Bisceglie
(1744), Carabellese alias de Fumayo di Bitritto (1578), Caradonna di
Bari (1708), Carlucci di Bitetto (1663), Carlucci di Palo (1864),
Carluccio di Giovinazzo (1787), Carnicella di Valenzano (1627),
Cervellera di Francavilla (1822), Chiapperini di Terlizzi (1718),
Ciannamea [gia Sciannamea] (1664), Ciccolella alias de Maiolis alias de
Puglia (1523), Cimino di Napoli (1762), Cipriani (1691), Cipriano di
Terlizzi (1753), Cirillo di Giovinazzo (1656), Cirillo di Terlizzi
(1582), Claudio di Scanno (1751), Clemente di Bisceglie (1658), Clemente
di Corato (1742), Coppolecchia (1475), Corriero di Bitetto (1709),
Cor[e]mio di Bari (1664), Cozzoli di Bari (1666), D’Agostino di
Valenzano (1638), d’Elia di Terlizzi (1791), D’Inceo di Ruvo (1753),
Daliani Poli (1851), d’Aliano (poi Daliano) di Barletta (1693), de
Candia (1463), de Cosmo di Barletta (1788), de Dato alias Todisco di
Aversa (1523), de Fazio (1603), de Marco di Gioja del Colle (1682), de
Marco di Palo (1600), de Marco di Paupisi (1776), de Marco di Terlizzi
(1680), de Nichilo di Terlizzi (1710), de Pergola di Giovinazzo (1664),
de Robertis alias Bellinfante (1509), de Tullio di Bari (1759), Drago di
Bisceglie (1623), Drago di Santo Severino (1740), Farinola (1708),
Fasciano alias Verrucu-lo (1626), Favuzzo di Triggiano (1721), Ficco di
Ruvo (1623), Fiorentino (1674), Fiorentino di Giovinazzo (1732), Fontana
di Bari (1668), Galeppi di Rutigliano (1777), Gallo di Prajano (1780),
Garofalo di Bisceglie (1772), Garofalo di Napoli (1719), Germinario
(1593), Gesmundo di Valenzano (1645), Greco di Chiaromonte (1771),
Grilli (1646), Grillo di Ruvo (1706), Guastadisegni (1753), Introna di
Corato (1680), la Candia (1800), la Monica di Potenza (1777), Landolfi
di Vieste (1888), la Rocca (1665), Lanza di Sab[b]ioncello (1695),
Lazzizera di Palo (1702), Leone di Rutigliano (1615), Leone di Valenzano
(1636), Lepore di Bisceglie (1628), Lepore di Mola (1802), Lezza
(1743), Losito (1552), Lucivero di Bitonto (1774), Magarelli (1519),
Maggialetti di Ruvo (1717), Mancini (1519), Martire di Barletta (1742),
Marzano (1793), Marzocca di Corato (1706), Massaro (1519),
Mastrodomenico di Bitritto (1627), Mastrorilli di Terlizzi (1805),
Mazzola di Ruvo (1795), Minervini (1542), Minutillo di Altamura (1714),
Minutillo di Bitonto (1715), Minuto di Giovinazzo (1745), Mongelli di
Noicattero (1774), Mongelli di Triggiano (1667), Morelli di Bari (1882),
Morgese di Terlizzi (1781), Nappi di Livoro (1763), Nappi di Mola di
Bari (1776), Natalicchio di Bitonto (1706), Natalicchio di Bari (1714),
Natalicchio di Trani (1790), Natalicchio di Triggiano (1701), Ortiz di
Napoli (1787), Palombella di Giovinazzo (1766), Palumbo di Gravina
(1687), Patimo alias de Christofaro (1526), Peruzzi di Grumo (1836),
Piccininno di Bari (1620), Piergiovanni alias de Aprocese di Bari
(1561), Pisani di Monopoli (1655), Pischettola di Terlizzi (1755), Poli
di Chioggia (1702), Pomodoro (1636), Ragno di Giovinazzo (1591), Regina
di Giovinazzo (1880), Rella di Ruvo (1643), Ribera (1753), Romano di
Napoli (1752), Rosato di Toritto (1769), Rubini di Binetto (1612),
Rubini di Bisceglie (1645), Rubini di Terlizzi (1730), Sallustio (1694),
Sallustio di Mola di Bari (1697), Sallustio di Napoli (1781), Sancilio
(1670), Sasso di Bitonto (1563), Scardigno (1523), Scardigno di Ruvo
(1668), Sciancalepore (1629), Sgherza (1610), Sigismondo di Catanzaro
(1535), Sigismondo di Valenzano (1602), Solimini (1698), Spaccavento
(1753), Spadavecchia di Bisceglie (1561), Spagnoletta (1519),
Spagnoletti (1643), Spagnoletto (1693), Spezzacatena di Modugno (1561),
Stragapede di Ruvo (1672), Tangari di Terlizzi (1773), Totagiancaspro
(1535), Tridente (1635), Turtur di Giovinazzo (1749), Uva di Ariano
Irpino (1572), Uva di Bisceglie (1766), Valente di Bitritto (1573),
Valente di Valenzano (1578), Valentini di Bitritto (1632), Ventura alias
de Petro Pascale (1523),Verdesca (1682),Visaggio (1523), Vitulano
(1564), Zanna di Ruvo (1743), Zaza di Ruvo (1687).
Ai nomi di famiglia aggiungo un elenco di soprannomi, selezionati su un
totale di centocinquantasette, ricavati dal "Libro dell’Apprezzo del
territorio di Molfetta" (redatto tra il 2 gennaio ed il 29 maggio del
1751), custodito nell’Archivio Storico Comunale.
Altomare Beatrice vedova di Petruzzella Corrado alias Pappacerase;
Altomare Domenico alias di Colica; Altomare Nicola di Giuseppe alias
Pichiruscio; Annese Domenico alias Rechie grande; Annese Ignazio di
Leonardo alias Nasone; Armenio Francesco Antonio alias Cazzaferro;
Azzollino Corrado alias Nanà; Azzollino Corrado alias Pizzicatella;
Azzollino Corrado, mastro barbiere, alias Spruscio; Bellifemine Corrado
alias Sgorzapane; Bufo Bonifacio alias Chichino; Campanello Corrado
alias Cacafimmo; Camporeale Francesco alias Sciosciò; Caputo Leonardo
alias Malafede; Carabellese Felice di Ignazio alias Corvo; Colagiacomo
Vito Carlo alias Capo dosso; Coppolecchia Giuseppe di Felice alias
Sproposito; d’Elia Giuseppe alias Gigante; de Abbattista (Donato e
Gaetano) alias Stoppelli o Stoppiello; le sorelle de Andreola Elisabetta
(91 anni) e Ippolita (83 anni) alias le vecchie di Traqquinio (=
Tarquinio); de Candia Carlo alias Pappalabra; de Candia Domenico
Leonardo di Liborio alias Culo stretto; de Candia Giambattista alias
figlio de la Pezzutola; de Candia Mauro alias la Pizzutile; de Gennaro
Giuseppe Domenico di Paolo alias la Morte; de Gennaro Sergio alias
Cacaverme; de Marino Domenico di Salvatore alias Curioso; de Robertis
Francesco di Salvatore alias lo Gualario o Guilario; de Rossi (o del
Rosso) Giuseppe alias Sciacquo; de Rossi (o del Rosso) Leonardo Antonio
di Pietro alias Sciacqua; de Rossi Corrado alias Abbondanza; de Virgilio
Domenico alias Fittichio o Fotticchio; de Virgilio Domenico alias
Smargiasso; di Gioia Vito di Domenico fu Corrado alias Pezzente;
Francischiello Gaetano alias Bello in piazza; Gadaleta Domenico alias
Pappacepolle; Gadaleta Pietro alias della Cera; Introna Nunzia vedova
Germinario Mauro alias la Porchitella; Leone Corrado alias Squiccio;
Lisena Giovanna alias de Pizzuoccolo; Mancino (Francesco e Mauro
Leonardo) alias Campione; Mastropasqua Leonardo alias Cocoziello;
Mezzina Vito alias la Seccia; Modugno Giuseppe Domenico alias la Scarda;
Mur(o)lo Antonio di Sergio alias Capotosta; Pansini Antonio (sacerdote)
e Vito, fratelli e figli di Giovanni alias Ciarlatano; Pappagallo
Corrado (corretto in: Giovanni) alias Sette mogli; Pepe Corrado alias
Paparuolo; Pisano Nicola (bottaro) alias Stornelli; Pisano Vito
(marinaro) alias Stornelli; Poli Giuseppe, mastro calefato, alias il
Chizoto; Porcelli Mauro Leonardo di Marco alias Là Là; Ragno Nicola
alias Sasà; Rosso Angelo Paolo alias Mastro scorzo; Salvemini Francesco
alias Trepiede; Salvemini Gaetano alias Taglia a pezzi; Salvemini
Giacomo figlio di Giovan Angelo Trepiede; Salvemini Giambattista (in
realtà: Giovan Angelo) alias Trepiedi; Spadavecchia Corrado alias
Pedocchio figlio di Domenico alias Polviere; Spadavecchia Lonardo alias
Occhio di cenbrone; Spadavecchia Tattoli Saverio alias Capo di Sonno;
Tatullo Michele alias Mezzo rotolo; Tottola Mauro Giuseppe alias
Scumbro; Uva Francesco di Mauro, mastro calafato, alias Ciscuo; Visaggio
Domenico alias Bellezza; Vitulano Mauro alias la Gatta.
Dei soprannomi appena riportati quello più famoso e, sicuramente,
più citato è il nomignolo affibbiato al possidente Gadaleta Pietro alias
della Cera. Il molfettese lo riporta alla memoria ogni qualvolta nel
discutere con qualcuno, quando nota che la controparte non accenna
direttamente e subito al punto più importante che vuole esporre oppure
che parla molto prima di giungere alla sostanza, pronuncia la frase ne
la si peghiènne da la tòrre de la céiere (= non la prendere dalla torre
della Cera) con l’intento di indurre il suo interlocutore a «non
prenderla larga; non prenderla alla lontana o di o da lontano; non
pigliarla di molto lontano» e, quindi, giungere al nòcciolo della
questione.
Pietro Gadaleta nacque il 18 gennaio 1706 da Francesco e Caterina
Tottola. Si unì in matrimonio con Isabella Massari ed ebbe per figli
Caterina (nata 1736 ca.), Rosa (n. 18 agosto 1739), Maria Saveria (n. 23
luglio 1741) e Maria Serafina (n. 1742 ca.). Il documento fiscale noto
come Libro delle Rivele del 1752, alla carta 610v., lo registra,
unitamente al nucleo familiare ed a suo fratello (il canonico teologo
Mauro Giuseppe), con il titolo di gabellota. Una successiva Delibera
Decurionale in data 19 luglio 1754 stabilì di "accatastarlo" con la
dicitura "vive nobilmente del suo".
Nel medesimo periodo (1751-54) Pietro Gadaleta era proprietario di due
possedimenti rurali, limitrofi tra loro e aventi una superficie pari a
87 vigne di terreno, in località Macchia del Moro, seu Macchia Spagnola.
Nel 1770 il nostro concittadino commissionò la costruzione, accanto ad
un palmento (già esistente nel 1735), sulla strada per Bisceglie, del
fabbricato conosciuto con il nome di Torre della Cera, a non molta
distanza da Torre Calderina.
Pietro Gadaleta fu il nonno di Pietro Colletta, storico, militare e uomo
politico. A tal riguardo, a pag. 5 del n° 7 del periodico «La Voce di
Molfetta», datato 18 febbraio 1951, il canonico Francesco Samarelli
testimonia che: «Il Casato Coletti riappare a Molfetta nei registri
della Parrocchia di S. Stefano, e precisamente nel Libro dei Matrimoni
del 1766, dove si legge Coletti Antonio di Donato e di Blanesta Meutz
(di Napoli) e per esso il procuratore Gianlorenzo Gadaleta (si unì in
matrimonio) con Maria Saveria Gadaleta di Pietro. La giovane sposa
dovette partire subito per Napoli per raggiungere il marito. Da tale
unione nacque Pietro il 23 gennaio 1775, ed essendo il secondo figlio
maschio, gli fu dato il nome del nonno Pietro Gadaleta».
Di mio aggiungo che il 18 aprile del 1766, per atto di notar Francesco
de Maggio di Napoli, l’avvocato Antonio Colletti e Maria Saveria
Gadaleta concordarono i loro capitoli matrimoniali.