Nome e cognome? In Italia regna la confusione

Un caso d'emblematico di questa situazione e quello accaduto recentemente a una coppia italiana che aveva chiesto all'ufficiale di stato civile di registrare il proprio figlio maschio con il nome "Venerdi", innescando così una procedura di rettifica d'ufficio del nome da parte del Comune e uno strascico giudiziario che è arrivato fino alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte (sentenza numero 25452/2008) ha così inibito l'uso del nome "Venerdì", modificandolo in "Gregorio", sul presupposto che con l'originaria attribuzione del nome si potessero verificare sia situazioni discriminanti, causate dal carattere ridicolo e suscettibile di ironia e scherno con pericolo di grave nocumento alla persona sia difficoltà di inserimento della persona nel contesto sociale.

Di qui, l'ipotesi di un probabile disagio per il bambino (e futuro adulto), esposto con molta probabilità al senso del ridicolo. Come tutti ricorderanno infatti "Venerdì" era il nome imposto al servitore nero del romanzo Robinson Crusoe di Daniel Defoe e come scrivono i giudici richiamava "una figura caratterizzata da un ruolo di sudditanza e di inferiorità la quale, pur elevandosi dal suo stato di creatura selvaggia, non arrivava mai a essere equiparabile all'immagine dell'uomo civilizzato".

Anche l'attribuzione del cognome ai propri figli ha dato luogo nel recente passato a dispute socio-giudiziarie non meno importanti. La questione, in particolare, ha coinvolto e coinvolge la possibilità (attualmente negata dal sistema normativo italiano) di assegnare ai figli legittimi il cognome della madre anziché quello del padre, oppure quello di entrambi i genitori. Non mancano in tale ambito esempi di cronaca anche internazionale. Nell'affrontare il caso di un minore di nazionalità tedesca ma vivente in Danimarca, che si era qui visto negato il diritto di mantenere in Germania il doppio cognome, materno e paterno, la Corte di Giustizia dell'Unione europea è intervenuta (sentenza 14 ottobre 2008) ricordando che: l'art. 18 CE osta a che le autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro stato membro in cui tale figlio - che, al pari dei genitori, possiede solo la cittadinanza del primo Stato membro - è nato e risiede sin dalla nascita".

Un po' di chiarezza

Dati questi spunti di riflessione, è opportuno capire in quale contesto giuridico si muovono tali problematiche. Esistono nel nostro Codice civile, nella legislazione e nelle consuetudini del nostro Paese delle regole ben definite, che disciplinano l'apposizione del nome e del cognome ai nostri figli. Certo, alcune regole sono più chiare di altre, alcune sono di più difficile comprensione, altre, infine, non trovano ragione se non in usi e costumi di una storia che, per molti, dovrebbe lasciare il passo all'evolversi della società.

Ecco in sintesi quali sono le norme da tenere considerazione, facendo distinzione tra acquisizione, attribuzione e scelta di nome e cognome, tanto per i figli legittimi, quanto per quelli naturali.

Attribuzione del nome (nome proprio o prenome) Non esiste a oggi nell'ordinamento italiano una norma che disponga modalità o limiti di scelta del nome dei figli da parte dei genitori.

Attribuzione del cognome In questo caso va sottolineato che per un anomalo quanto strano caso di dimenticanza legislativa, né il Codice civile, né leggi speciali dispongono alcunché in materia di cognome del figlio legittimo (ossia quello nato in costanza di matrimonio), mentre i figli naturali e legittimati godono di una maggiore attenzione. Per i figli legittimi sembra, infatti, che il legislatore non abbia in tutti questi anni ritenuto necessario e opportuno andare a codificare ciò che è già fermamente radicato nella consuetudine storico/popolare. Ed è così che "gli usi", l'ultima - ma non per questo meno nobile - fonte del diritto del nostro ordinamento (art. 1 comma 4 Disposizioni preliminari al Codice civile), sono stati premiati sul campo quale unica norma ad occuparsi di un tema così delicato.

Cosa dispongono gli usi?

Dispongono, appunto, che quando il figlio è nato da coppia legittimamente sposata, questi assume il cognome del padre, ossia il marito della madre. Quanto ai figli naturali, invece, esiste una normativa specifica del Codice. Infatti l'articolo 262 Codice civile prevede la seguente disciplina: -il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto; -se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre; -se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre; -nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l'assunzione del cognome del padre.

Modifica del prenome/cognome

In questo caso esiste una normativa che stabilisce regole dettagliate in merito alla scelta di intervenire sul proprio (o dei propri figli) nome e cognome, successivamente alla loro attribuzione. La legge è il Dpr numero 396 del 3 novembre 2000 che all'art.89 disciplina la possibilità di cambiare il proprio nome e/o cognome qualora sia considerato ridicolo, vergognoso oppure riveli origine naturale. E' evidente che la pronuncia n. 25452/2008 della Suprema Corte fa leva proprio su tale principio, in un'ottica garantista del legittimo e preliminare controllo dello Stato sulla scelta del nome.

Lo stesso Dpr affronta anche la questione del "doppio cognome" ovvero della possibilità di aggiungere al cognome paterno quello materno. Ai sensi dell'art. 84, è possibile richiedere e ottenere l'aggiunta di un cognome, in presenza di motivate ragioni. Come tali, sono generalmente accolte quelle motivazioni solide e significative, che fanno leva sull'importanza o notorietà storica della famiglia cui il cognome è collegato. Data questa complessiva impostazione normativa, di massima l'attenzione dei genitori si focalizza sul tentativo di forzare l'ordinamento, al fine di garantirsi la piena libertà di gestire in autonomia la scelta e la modifica del cognome dei propri figli. E' in questo ambito, infatti e come appena visto, che sussistono i maggiori limiti. Entrando nel cuore del problema, può distinguersi la posizione dei figli legittimi e quella dei figli naturali.

Per quanto riguarda i figli legittimi

In questo caso, l'esigenza più forte è quella di introdurre nell'ordinamento italiano il diritto di attribuire ai figli il cognome di entrambi i genitori. E' in tale direzione che si sono mosse le ultime legislature, promuovendo disegni di legge finalizzati allo scardinamento dell'impianto consuetudinario italiano, di impronta prettamente patriarcale. Attualmente esistono diversi disegni di legge presentati al Parlamento, ed in fase di valutazione preliminare.

Tali proposte si presentano come la naturale conseguenza di una importantissima pronuncia della Corte Costituzionale che, chiamata a risolvere proprio il problema di legittimità dell'attribuzione del doppio cognome, con sentenza del 16 febbraio 2006 n.61, ha ritenuto essere esorbitante le proprie funzioni l'accogliere una domanda che, pur quando accolta, avrebbe dovuto demandare "a un futuro intervento del legislatore la successiva regolamentazione organica della materia". Ed effettivamente, la materia proposta alla Corte non forniva una soluzione unica, bensì più soluzioni distinte e alternative tra loro:

  1. rimettere la scelta del cognome alla volontà dei coniugi, all'atto della nascita di ciascun figlio;
  2. rimettere la medesima scelta alla volontà dei coniugi, ma espressa una unica volta ad interesse di tutti i figli futuri;
  3. raccogliere la volontà dei coniugi in seno all'atto di matrimonio.

Anche la Corte di Cassazione ha avuto modo nel medesimo periodo di pronunciarsi su analoga circostanza con la sentenza numero 16093 del 14 luglio 2006. In questo caso la Corte ha precisato che il dare ai figli il solo cognome paterno è un retaggio di una concezione patriarcale da superare, pur ponendosi, quale unica alternativa giuridicamente sostenibile, quella di intervenire sull'attuale quadro normativo.

Per quanto riguarda i figli naturali

In questo caso non si tratta di colmare lacune legislative, bensì di intervenire su un impianto normativo che si ritiene desueto o contrario ai generali principi di pari dignità e uguaglianza del binomio uomo-donna e marito-moglie. Anche in questa direzione si sta muovendo l'attuale legislatura, promuovendo disegni di legge finalizzati a garantire soprattutto il diritto dei genitori di scegliere in piena autonomia (e senza interferenze della magistratura) quale cognome attribuire ai figli, se attribuire quello di entrambi i genitori e in quale ordine.

Ma prima ancora, alcune delle proposte in esame al Parlamento si prefiggono l'obiettivo di rivedere le stesse definizioni di figlio legittimo e figlio naturale, preferendo parlare di figli nati in costanza di matrimonio e non. Ciò, al fine di eliminare definitivamente ogni connotazione negativa comunemente attribuita al termine "naturale". Nel complesso, l'attuale stato dell'arte è inteso a introdurre una normativa più rispettosa dei diritti di entrambi i coniugi, così contribuendo a una piena armonizzazione con la disciplina normativa già operativa negli altri Paesi dell'Unione europea, ove è prevista l'attribuzione del cognome della madre o del padre in pieno regime di eguaglianza.

28 novembre 2008 - Articolo di Pierluigi Lissandron
tratto da AffariItaliani.it
28 novembre 2008

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