Il padre la disconobbe, ora il tribunale le chiede di cambiare cognome

Una passata di gomma su 43 anni di vita, che spazza via ricordi e un cognome che si credeva proprio, ma che non è. La rivelazione shock l'ha ricevuta una donna di 46 anni, milanese ma residente da tempo in Veneto, Rossana Fanny Uva, scoprendo a distanza di quasi mezzo secolo che il padre anagrafico l'aveva disconosciuta. E soprattutto che con sentenza del tribunale di Trani, datata 2 maggio 1967, le veniva impedito di usare quel cognome che pensava da sempre suo.

La vicenda è rimasta dal 1967 a oggi sepolta negli archivi del tribunale pugliese, al quale il genitore anagrafico della donna, Carlo Uva, si era rivolto dopo la separazione dalla moglie per il disconoscimento di paternità. Richiesta accolta nel maggio del '67, ma mai comunicata all'interessata. Rossana Fanny, il cui papà biologico è un altro uomo, aveva allora tre anni. E' passata una vita, nella quale Rossana, nata a Milano, dove vive ancora l'anziana madre, ha cambiato città e regioni di residenza: da otto anni vive a Dosson di Casier (Treviso), in Veneto, dove lavora in una ditta di mobili e coltiva i suoi interessi. Fra questi la scrittura, romanzi e poesie, tutti firmati ovviamente Rossana Fanny Uva. L'ultimo racconto, che presenterà ai primi di novembre, si intitola beffardamente Rivelazioni inquietanti. A Trani ha ancora tre fratelli, figli del padre che l'ha disconosciuta, che continua a frequentare.

Per la signora Rossana la lancetta del lentissimo orologio burocratico è tornata al presente pochi mesi fa, con la morte di Carlo Uva. Al tribunale di Trani si sono così ricordati di dover avvisare il Comune di Milano e dal capoluogo lombardo è arrivata la raccomandata al Comune di Casier. "Sarà cura dell'interessata - c'era scritto - richiedere il nuovo documento di identità presso il Comune di residenza". "In un momento come questo non ti senti più nessuno, non sei né carne né pesce. A livello morale è devastante", commenta la donna. Rossana Fanny cambierà la propria vita con tre foto, allegate alla richiesta della carta d'identità con il nuovo cognome: Paganelli (quello della mamma). Ma annuncia un ricorso al tribunale per danni morali e materiali.

"Ho provato a contattare l'archivio del Tribunale di Trani - racconta Rossana - per avere spiegazioni e ricevere copia della sentenza, che sto aspettando. Chi mi ha risposto ha detto che inviando al Comune di Milano quelle vecchie carte aveva fatto solo ciò che gli era stato chiesto. 'Io non c'ero 43 ann fa', ha aggiunto l'impiegato. Ma neanch'io c'ero, ho replicato: avevo tre anni!". "Questa vicenda - spiega - comporta a livello pratico una montagna di problemi: devo cambiare la carta d'identità, la patente, la e-mail, ho un diploma da ragioniera intestato con questo nome: sarà ancora valido? E chi mi risarcirà delle spese che dovrò sostenere". La donna ha già contattato un avvocato per avviare un ricorso al tribunale contro la sentenza del '67 e chiedere un risarcimento danni per l'enorme ritardo. "Sono intenzionata a scrivere al ministro della giustizia - aggiunge - Qualcuno deve darmi delle risposte. A parte far sentire la mia voce, devo farmi sentire come persona, che ora non ha più un nome".

1 ottobre 2010 - Articolo tratto da Repubblica.it
1 ottobre 2010

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