L'Italia è il regno dei cognomi

Con circa 350mila, è il Paese con la maggiore varietà di nomi di famiglia. Ma ci sono popoli che se la cavano benissimo senza

SHANGAI (CINA) - Avranno un bel daffare gli imprenditori e i politici italiani impegnati in questi giorni nella missione diplomatico-commerciale in Cina. Stringeranno le mani di numerose persone dal cognome identico; e, visto che «i cinesi si somigliano tutti», ci vorrà una bella memoria, una volta rientrati in patria, per associare un volto a un biglietto da visita, soprattutto se su di esso compariranno nomi quali Li o Wang. In Cina è una vera emergenza: nell'ex Celeste Impero esistono circa 700 cognomi, già di per sé pochissimi; in più, i cinesi hanno la «brutta abitudine» di abbinarli ad appena una ventina di nomi, pur esistendone molti di più. Lo stesso governo, vista la povertà di cognomi, ha chiesto alla popolazione di usare più fantasia nell'attribuire nomi ai figli, ma i risultati latitano. A Shangai, un abitante su dieci fa Zhang di cognome. Banche, scuole e uffici postali denunciano seri problemi di registrazione dei dati. Le generalità più diffuse nella capitale economica cinese sono Chen (cognome) e Jie (nome che siginica «puro»); ce ne sono circa 4mila, secondo quanto riferito dalla Bbc. Uno di loro ha rivelato al quotidiano Shangai Daily di ricevere costantemente le lettere indirizzate a un omonimo che abita al suo stesso indirizzo, ma due piani sopra. Va peggio a Pechino, dove circa un abitante su cinque fa di cognome Wang. Non stupisca sapere che nel mondo il cognome più frequente è il cinese Li. Molti ricorderanno inoltre come nel 2002 il cognome cinese Hu sorpassò nell'elenco telefonico del capoluogo lombardo il «milanesissimo» Brambilla.

ITALIA, REGNO DELLA FANTASIA - Forse non tutti sanno che l'Italia, con circa 350mila cognomi differenti censiti, come riporta Wikipedia, è il Paese al mondo con la maggiore varietà di nomi di famiglia (terra di creativi anche in questo…). Secondo i dati rilevati dall'Istat, sommando i possessori dei dieci cognomi più diffusi, da Rossi a Greco, si copre all'incirca l'1% della popolazione nazionale. Invece, facendo la stessa cosa in Danimarca, da Jensen a Jørgensen, ben il 33%. I cognomi italiani più lunghi hanno 18 lettere, i più brevi appena due. L'origine dei cognomi nostrani è varia: per lo più derivano da nomi di persona, di luogo, da professioni o da soprannomi; in massima parte nacquero nel Medio Evo. Spesso, inoltre, è facile rintracciare la provenienza geografica di una persona a partire dal suo cognome: dimmi come ti chiami e ti dirò di dove sei. La cosa non può avvenire, ad esempio, in Turchia, dove, dopo la rivoluzione kemalista, tutti gli abitanti, fino ad allora privi di cognome, furono obbligati, letteralmente, ad inventarsene uno dalla sera alla mattina. Mustafa Kemal scelse «Atatürk», cioè «Padre dei turchi», e per legge nessun altro si potrà chiamare così.

QUI SPAGNA - Le cose si complicano in Spagna e nel suo ex impero. Oltre ad esserci un ridotto parco di cognomi, è viva l'usanza di dare al primogenito il nome del padre, e alla primogenita il nome della madre. Come distinguere, allora Juan García nonno da Juan García padre e da Juan García nipote? Facile, dando a ciascuno un secondo cognome, quello della madre. Solo la pura sfortuna (o il sadismo genitoriale) può creare «mostri» del tipo Arnau Arnau Arnau (Arnaldo - nome - Arnaldo Arnaldo - cognomi), o Dolores Fuertes de Panza («maltraducibile» in Dolori Forti coniugata Panza).

CHI NE FA A MENO - C'è anche chi sopravvive benissimo senza cognome. Come i tibetani e i giavanesi; per esempio, l'ex presidente indonesiano Sukarno si chiamava davvero Sukarno e punto. Non hanno cognome i membri di molte stirpi reali, come quella giapponese, oggigiorno al centro dei riflettori per il fiocco azzurro a corte. Caso a parte gli islandesi, fervidi sostenitori del «patronimico». In parole povere, se il signor Karl di Reykjavik ha due figli, Anna e Magnús, questi si chiameranno Anna Karlsdóttir (cioè figlia di Karl) e Magnús Karlsson (figlio di Karl).
16 settembre 2006 - Tratto da Corriere.it
di Simone Bertelegni
16 settembre 2006

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